Il gip del Tribunale di Trani Francesco Messina ha disposto, accogliendo la richiesta della Procura, l’archiviazione del procedimento penale relativo ai lavori di ampliamento del cimitero di Canosa di Puglia nei confronti di 12 indagati, fra cui l’archeologa responsabile della sorveglianza del cantiere, Vincenza Distaso, e la funzionaria della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia per la zona Daunia Ovest, Marisa Corrente, difesa dall’avvocato Michele Laforgia.
Il pm di Trani che ha coordinato l’inchiesta, Michele Ruggiero, ipotizzava inizialmente la violazione dolosa da parte degli indagati delle norme sull’archeologia preventiva, finalizzata – secondo l’accusa – ad occultare la presenza di tombe e reperti ed evitare così il blocco dei lavori. L’indagine della Polizia portò nel marzo 2016 al sequestro dell’intero cantiere e alla notifica di 19 avvisi di garanzia per i reati, a vario titolo contestati, di frode in pubbliche forniture, falso ideologico, danneggiamento di beni storici e artistici, pericolo di crollo di costruzioni.
Successive indagini difensive, consulenze tecniche disposte dalla magistratura tranese e gli esiti delle ispezioni disposte dal Ministero per i Beni Culturali, hanno accertato come la funzionaria della Soprintendenza abbia agito nel rispetto delle norme, scegliendo di sorvegliare l’area anziché procedere a scavi archeologici preventivi. La stessa Procura definisce tale decisione operativa «opinabile ma certamente non irragionevole».
Il giudice, condividendo le conclusioni del pm, ha quindi archiviato il procedimento nei confronti di Corrente e di altri 11 indagati. Il procedimento, con richiesta di rinvio a giudizio, prosegue invece nei confronti di altre sette persone, tecnici e imprenditori, accusati della presunta frode relativa ai due appalti da sei milioni di euro banditi dal Comune di Canosa per l’ampliamento del cimitero.