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Ludopatia, quali le cause e come curare la dipendenza dal gioco d’azzardo

Dora Dibenedetto
Gioco d'azzardo
Intervista alla dottoressa Francesca Filannino, psicologa e psicoterapeuta
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La ludopatia è la dipendenza dal gioco d’azzardo, intesa come un disturbo del comportamento rientrante nella categoria diagnostica dei disturbi del controllo degli impulsi. Innanzitutto bisogna chiarire alcuni punti: la ludopatia è spesso confusa col gioco d’azzardo. Errore, poiché il gioco, se praticato in modo responsabile, non ha nulla a che vedere con la patologia. E’ necessario dunque non generalizzare, nel rispetto delle aziende che operano nel settore rispettando la Legge che, di fatto, non vieta il gioco d’azzardo ma lo regolamenta. A Canosa di Puglia, considerando le vincite, i soldi spesi in Awp (slot) e Vlt (video lottery) nel 2016 sono circa 3 milioni e 500 mila euro.

Detto questo, la ludopatia resta un problema da risolvere. Qual è la strada migliore, dando per scontato che l’eliminazione dei giochi (legali s’intende) non possa essere la soluzione al male? Tale scelta, infatti, non andrebbe ad appagare la domanda di gioco ma la veicolerebbe verso altre forme dello stesso, magari illegali.

Il problema non è il gioco ma l’abuso, che rappresenta il primo passo verso la patologia. Per questo abbiamo chiesto dei chiarimenti alla dottoressa Francesca Filannino, psicologa e psicoterapeuta barlettana, con la quale abbiamo approfondito la problematica, cercando di capire quali sono i fattori psichici che inducono le persone affette da ludopatia a giocare in maniera compulsiva.

Quali fasce d’età colpisce la ludopatia? Quali classi sociali e quale il il livello culturale delle persone affette da tale patologia?

Sicuramente le classi sociali ed il livello culturale delle persone sono trasversali. Gli adolescenti manifestano maggiormente forme di dipendenza da internet, ugualmente ipnotiche, ma non mi stupirebbe se il fenomeno dovesse abbassarsi riguardo alla soglia di ingresso.

Più uomini o più donne?

Anche in questo caso, trasversali. Le donne, comunque si espongono meno ed hanno, tuttavia, una minore rappresentanza anche per effetto della struttura femminile che, tendenzialmente, sceglie altre forme di dipendenze.

Quali le principali cause che inducono il soggetto ad esserne colpito?

Nelle dipendenze, detto molto semplicemente, il legame del soggetto con un oggetto prende il posto del legame con le persone. Bisogna, allora, fare un passo indietro e comprendere perché si preferisce la dipendenza al legame con le persone. Si scopre, solitamente, che la dipendenza è una soluzione all’angoscia dei legami: che siano troppo vicini o troppo lontani – al rischio che comportano: trattano la perdita o fanno distanza dalla vicinanza del legame. Il meccanismo è quello solito delle dipendenze: una spinta incontrollabile, un piacere ed un inevitabile down che si “cura” ripetendo il circolo vizioso.

A suo avviso perché il fenomeno è diffuso?

“L’oggetto-gioco” compulsivo è un compagno sempre affidabile e che non chiede nulla. Eccita il giocatore, lo spinge – Dostoevskij insegna bene quel “è più forte di me” – lo espone anche ad una perdita economica ma è sempre molto più prevedibile dell’incontro con l’altro, che lo esporrebbe invece alla possibilità, fondamentalmente, di perdere dalla vita. L’angoscia, la fatica, la stanchezza, sono tenute a bada dalle dipendenze. Nei casi di ludopatie gravi, dove la dipendenza occupa tutta la scena, di vite non vissute per intenderci, le dipendenze sono alternative al vivere. Non è infrequente che, al di sotto della manifesta ludopatia, si trovino perdite di legami, separazioni non elaborate, depressioni: la dipendenza copre questo.

Quali i sintomi?

I sintomi si modificano col tempo, a seconda dall’assetto culturale e sociale. Se pensiamo alla nostra società, noteremo che l’oggetto di consumo viene già presentato come il solo che può far star meglio il soggetto. Ma questo oggetto – il gioco esasperato – non è mai quello che soddisfa veramente. Anzi, produce sempre nuovi vuoti, continuamente, e gli oggetti, sempre più rapidamente, perdono il loro fascino, sostenendo l’illusione che la soddisfazione sia sempre nel nuovo. Anche nei rapporti fra gli esseri umani, a volte. E questa tendenza solitamente non solo non riempie ma, anzi, svuota di più! Così tendenzialmente dipendenti da oggetti, da legami con partner inumani, da preferire ciò alla relazione con un soggetto – perché più complicata: l’altro chiede, desidera, non lo si controlla mai del tutto, crea spazi vuoti, può abbandonarci; pur essendo fonte di attrazione, genera grande inquietudine. La dipendenza, allora, dona l’illusione del controllo e blinda il soggetto da ogni forma di relazione – se non con l’oggetto da cui dipendono.

Come può essere scongiurata la ludopatia? Quali gli interventi da mettere in atto?

La dipendenza non è un sintomo perché non mette al lavoro il soggetto; come dicevamo è un trattamento, è, in qualche modo, per il soggetto, la soluzione. Spesso angoscia le persone che gli sono intorno e sono queste a chiedere aiuto. Ma chiedere aiuto è un primo passo. Noi non siamo pedagoghi o predicatori né facciamo appello ai buoni propositi del paziente: siamo testimoni e mettiamo insieme i pezzi. Con la parola e senza autorevolezza. A volte basta la relazione transferale a staccare il soggetto dall’oggetto. Spesso è necessaria anche la collaborazione con psichiatri. A volte, in casi molto gravi, è indispensabile la comunità.

martedì 9 Gennaio 2018

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